Ascoltiamo dalla voce del poeta i versi nei quali i «prati bianchi» dell’indovinello veronese diventano l’emblema di un’Italia rustica, rievocata al di là dei «millenni stanchi» della storia.
L’azzurro sereno che si fa largo tra le nuvole ci parla di una giornata di primavera, la fine di aprile o l’inizio di maggio. Passa ancora un brivido di freddo nell’aria di questa Verona 1945.
All’inizio di questa storia c’è un omino. Camminando nella neve, si è fermato un momento per osservare il paesaggio; nella mano ha un bastone, in testa un cappello.
Lo sguardo del cane è mite e quasi sorridente, la sua posa rilassata. Anche se il suo pelo è scolpito a grandi tratti, l’effetto è realistico. Ed è vera anche la storia di questo oggetto di arte popolare.